Presentazione
L’11 giugno 429 d.C. l’imperatore d’Occidente Valentiniano III emanava, da Ravenna, un editto, noto dalle parole iniziali come lex ‘Digna vox’. Si tratta di una costituzione imperiale recepita, un secolo dopo, da Giustiniano, che la includeva nel proprio Codex – sotto titolo significativamente posto in apertura della trattazione delle fonti del diritto (C. 1,14 de legibus et constitutionibus principum, 4) – idealmente consegnandola così alla storia giuridica dell’età medievale e moderna.
“E’ dichiarazione degna della maestà regnante” (Digna vox maiestate regnantis) – dice l’imperatore Valentiniano – “che il principe si confessi vincolato alle leggi (legibus alligatum se principem profiteri): a tal punto la nostra autorità dipende dall’autorità del diritto. Ed è davvero prova di grande potere sottomettere il principato alle leggi” (adeo de auctoritate iuris nostra pendet auctoritas. Et re vera maius imperio est submittere legibus principatum).
In questo straordinario testo normativo, la concezione autocratica dell’onnipotente legislatore tardoantico trova un limite invalicabile: l’imperatore, ‘la maestà regnante’, è vincolato alle leggi; egli può certo modificare e abrogare le leggi esistenti, come può emanarne di nuove; tuttavia, una volta che la lex sia stata da lui emanata, a nessuno, neppure al legislatore, è lecito violarla.
La Digna vox è, quindi, una ‘solenne dichiarazione’ di ciò che il legislatore tardoantico ‘non tollera gli sia lecito’ (et oraculo praesentis edicti quod nobis licere non patimur indicamus).
Più di mille anni dopo, nel 1579, usciva a Edimburgo, in latino, un testo destinato a diventare la base di ‘ogni dottrina giuridica della libertà’: le Vindiciae contra tyrannos, subito tradotto in francese con il titolo De la puissance légitime, e poi in inglese come A Defence of Liberty against Tyrants.
Scritto nell’angosciosa epoca delle guerre di religione, culminate nell’orrendo massacro di S. Bartolomeo, questo manifesto ‘In difesa della libertà contro i tiranni’ recava come epigrafe il testo della costituzione Digna vox.
L’autore, celato sotto lo pseudonimo di Stephanus Junius Brutus Celta, affermava la necessità che la maiestas – termine impiegato pochi anni prima da Jean Bodin nei Sei libri sullo Stato per indicare la ‘sovranità’ (souveraineté), ovvero la ‘potenza assoluta e perpetua dello Stato’ (la puissance absolue et perpétuelle d’une République) – fosse limitata e sottomessa al diritto e alle leggi.
L’associazione culturale da noi costituita intende promuovere, contro ogni risorgente tentazione autoritaria, contro qualunque disegno assolutistico, esplicitamente teorizzato o abilmente camuffato, il libero dibattito politico, giuridico ed economico su ‘ciò che non è lecito’ al potere, a ogni potere.
Contro la “paura di avere opinioni personali” e a chi afferma che “il senso comune costituisca l’eresia delle eresie” vorremmo replicare, con George Orwell, che “libertà è la libertà di dire che due più due fa quattro. Garantito ciò, tutto il resto ne consegue naturalmente”.
Contro “i campi di schiavi sotto il vessillo della libertà e i massacri giustificati dall’amore per l’uomo” vorremmo evocare, con Albert Camus, “un uomo che dice no. Ma se rifiuta, non rinuncia tuttavia”.
“Ci sono tante verità, e così contrastanti, che un uomo non può contenerle tutte, né un partito” – scriveva Leonardo Sciascia; all’assurda obiezione secondo cui “queste tante verità che debbono necessariamente stare insieme costituiscono il dramma dell’uomo di sinistra e della sinistra, (…) come per il cattolico il problema del libero arbitrio e della predestinazione: due verità che debbono coesistere”, vorremmo opporre l’ironia dello scrittore siciliano: “E se l’insieme di tante verità fosse una grande menzogna? E’ una domanda semplice che potrebbe trovare una risposta semplice”.
Auspichiamo allora, senza alcuna retorica, che Costituzione Digna vox possa presto diventare un luogo di incontro e di discussione tra culture diverse, accomunate tutte dalla stessa passione per la libera indagine sulle vicende del nostro tempo, passato e presente.
Prof. Marco Urbano Sperandio